sabato 8 febbraio 2014

Febbraio è un mese triste...

Quest'anno febbraio è iniziato con la pioggia. Una settimana di acqua più o meno intensa, giornate fredde grigie e monotone che fanno venire la malinconia
Febbraio è per me un mese di ricordi non piacevoli. Dopo un lungo periodo di malattia e di sofferenze, alla fine di febbraio di 11 anni fa moriva mio papà
Era nato il 7 settembre 1922 e aveva fatto la guerra . Era stato un IMI, un internato militare italiano, un prigioniero nei lager nazisti, uno degli schiavi di Hitler che non furono mai riconosciuti come tali, neppure recentemente.
Degli IMI se ne parla sempre troppo poco e di loro, salvo pochi libri di storici e qualche sito specifico, ne resta una traccia  solamente nei cassetti personali dei ricordi di chi è vissuto con loro, al ritorno dalla guerra: genitori, mogli, figli o figlie e nipoti
Nel 1994 furono ritrovati, quasi per caso, in uno sgabuzzino al pianterreno di Palazzo Cesi, sede della Procura generale militare di Roma, 695 fascicoli processuali sui crimini di guerra nazifascisti, eccidi, omicidi, saccheggi e delitti, commessi dalle truppe tedesche di occupazione, ma anche da collaborazionisti italiani e da reparti delle RSI: episodi noti o mai conosciuti, ma rimasti impuniti, di cui si può leggere la storia in un libro bellissimo  Le stragi nascoste - l'armadio della vergogna, di Massimo Franzinelli, ed Mondadori
Il Fascismo ed il Nazismo in versione edulcorata che in questi ultimi anni ci sono stati un po' troppo spesso propinati non è certo la realtà vissuta dai nostri genitori

Il 7 settembre 1943 mio papà compiva 21 anni e si imbarcava al porto di Bari, - quel porto che io ho visto con una certa emozione per la prima volta nel 2005 durante un tour in Puglia - , per tornare a Tirana in Albania, dove era in servizio da quasi due anni, dopo una licenza passata a casa in Val di Susa
Non so se c'è un destino già prestabilito, so però che il giorno dopo, l'8 settembre 1943, con l'armistizio firmato da Badoglio, mio papà si ritrovò in quel caos  completo che coinvolse tutti i soldati italiani abbandonati al loro destino dai loro capi e iniziò una fuga molto pericolosa a piedi insieme con altri commilitoni verso la Jugoslavia , unica possibilità  di salvezza
Mio papà non ha quasi mai parlato di quello che gli successe in quei momenti terribili, ma in una occasione molto speciale, quando era già ormai anziano ed ammalato, accennò a questa fuga durata non più di15 giorni. 
Durante l'ultimo conflitto della ex Jugoslavia, quando gli albanesi mussulmani perseguitati dai serbi di Milosevic in Kossovo fuggirono verso l'Albania, furono trasmesse delle immagini in TV e mio papà improvvisamente disse che quello era il passo Chafata, che lui aveva fatto al contrario, mentre scappava nel settembre 43, per  riuscire a raggiungere le truppe partigiane di Tito e  sfuggire così i partigiani albanesi, che cercavano i militari italiani per ucciderli
Disse anche che non era cambiato nulla da allora, quel passo era tale e quale, spoglio e disadorno,ma lui   fu catturato più avanti dai tedeschi, al Lago di Ocrida, in territorio jugoslavo,  messo su un carro bestiame, - quei famigerati carri bestiame  di cui si legge sempre nelle testimonianze dei sopravvissuti,  - e inviato in Polonia, nelle miniere.
Un lungo viaggio tremendo per arrivare in un luogo sconosciuto e freddo, più tremendo ancora. Un viaggio pieno di angoscia e di incredulità verso l'inferno dei lager nazisti, che mio papà ed i suoi commilitoni non immaginavano di certo di compiere a vent'anni o poco più
In quel periodo in cui mio papà vide quelle immagini in tivù era intanto sorta una vivace polemica perché la Germania, che aveva deciso di pagare i danni ai deportati della seconda guerra mondiale, non aveva però riconosciuto i nostri militari IMI come lavoratori in Condizioni di Schiavitù in Lavoro Forzato
Io iniziavo allora a navigare sempre più spesso  in internet e cominciai una accurata ricerca personale per poter compilare ugualmente la domanda per mio padre - domanda che fu naturalmente respinta da Ginevra e di cui conservo con cura la lettera in cui mi si diceva che mio padre fu semplicemente un prigioniero di guerra in campi di non sterminio -, anche se, come disse chiaramente Gianrico Tedeschi, l'anziano famoso attore  di teatro ed ex ufficiale internato IMI, non avrei conservato quei soldi per me, perché ancora grondavano del sangue di milioni di vittime, ma era una questione di principio e di giustizia

Passando attraverso i siti dell'Aned e dell'Anei arrivai ad un altro sito,  www.schiavidihitler.it,  e poi a un sito molto interessante ed utile,www.indennizzolavoratoriforzatinazismo.it, e da lì successivamente  a  www.majoranaorg/progetti/shoah/tabella_campi.htm 
Trovai anche il sito dell' Istituto Storia Contemporanea Pier Amato Perretta di Como, il cui presidente, Ricciotti Lazzaro, che conoscevo già perchè aveva scritto un bellissimo libro sugli IMI, aveva inviato una toccante e importantissima lettera alla Germania :
" Cara Germania.... in un anno di lavoro durissimo abbiamo raccolto 12 mila nomi, memorie storiche e documentazione di sopravvissuti dei lager nazisti ....
gente al tramonto, che prima non aveva mai voluto parlare di quel martirio di 50 anni fa... gente fuori dalla memoria collettiva, fuori dalla memoria dei governi, gente solo da cimitero ...non siamo mendicanti, non ci mettiamo in ginocchio davanti a te, Germania! non ci servono milioni, ma un rimborso simbolico di poche lire e un biglietto di scuse personale firmato dal tuo Presidente della Repubblica ...
ti diremo grazie e così lo faremo noi per loro, i 50 000 morti italiani rimasti nei lager, impiccati strangolati fucilati torturati bastonati bruciati vivi morti di fame e di malattie ridotti in cenere "

E per quelli tornati, che come mio papà rifiutarono sempre di firmare in lager per aderire a Salò / perché ogni settimana i Repubblichini passavano a chiedere di firmare e chi lo faceva poteva tornare in Italia a combattere con i Fascisti ! /, con le cicatrici sul corpo e nell'animo: cicatrici sulle gambe dei bombardamenti alleati mentre era  rinchiuso in un vagone durante il trasporto da un lager all'altro alla fine del 44 o inizio 45 e cicatrici sul polso sinistro dei morsi di un cane SS, che andava a recuperare i prigionieri scappati dalle baracche mentre cadevano le bombe alleate sulla città vicina al campo di internamento, e cicatrici di ciò che aveva visto e subito e di cui non parlava mai , cercando nel silenzio l'obblio e il desiderio di dimenticare per sempre quegli incubi che per  tutta la vita lo accompagnarono nei sogni notturni e negli ultimi mesi di vita, in cui diceva che non poteva allungare le gambe nel letto perché " non c'era spazio per dormire allungati nelle baracche di legno " e se ne stava rattrappito per ore con le gambe tirate su !

A quel punto andai a cercare in un cassettino del mio trumeau alcuni documenti e foto che mio papà aveva riportato dalla prigionia e che erano rimasti lì,  dimenticati per anni 
La foto con i commilitoni a Tirana prima del settembre 43 e dell'inizio del lungo calvario tra Polonia e Germania, nei lager nazisti

 I 5 o 6 biglietti - lettera che aveva ricevuto nei lager da mio nonna e da mia zia fino al luglio 44, con tutti i timbri e le scritte di spostamento da un sottoblocco all'altro ed il suo numero di prigioniero - in seguito fu spostato in continuazione nella Germania in rotta e non ricevette più posta, probabilmente  -
Queste immagini sono un po' sfocate ma indicano il numero impressionante di lager di concentramento esistenti in Germania durante la guerra Due dei numeri , che ho cerchiato, coincidevano con quelli trovati nelle cartoline in mio possesso
I pochi pezzi di carta che erano stati la moneta  del lager e che i Canadesi gli avevano dato,  dopo la sua liberazione nel maggio 1945 in un campo vicino al mare del Nord, per tornare a casa, in treno attraverso il Brennero

Il passaporto rilasciato dai nazisti quando entrò in lager e che doveva avere sempre con sé. Quel tenue rosa ormai un po' sbiadito era un vero pugno allo stomaco pensando a cosa era servito e per quanto a lungo lo aveva seguito negli spostamenti continui della prigionia, soprattutto negli ultimi mesi del '45 quando gli Alleati entravano sempre più in territorio tedesco e anche loro IMI venivano sballottati di qua e di là, da un posto all'altro


Ancora più sconvolgente è l'allucinante testimonianza di questa pagina interna del suo passaporto, in cui si vede benissimo la data del 6 aprile 45 ( io sono nata il 6 aprile di 10 anni dopo, altro strano caso del destino ), in cui gli veniva rinnovato il passaporto per il lavoro forzato nei campi per  altri 2 anni ancora
Era stata ben stampigliata anche la firma del nazista incaricato  di tale rinnovo e la sua firma- erano ormai alle soglie di una disfatta completa e totale ma il meccanismo dei lager funzionava a meraviglia e probabilmente erano ancora convinti di vincere la guerra e di continuare a sfruttare la manodopera degli internati prigionieri -
Questo invece è il pass degli Alleati per poter rientrare in Italia passando   dal Brennero nel settembre 1945
Da questi pochi ricordi, piuttosto sciupati e smunti, di quasi due anni di campi di lavoro, e da alcune parole dette da mio padre su dove era stato, dalle miniere polacche, Bialystok, Buslau e Breslau, alla Slesia, e Gorlitz, fino all'interno della Germania, con le mie ricerche in internet riuscii a trovare documenti estremamente interessanti
Fu un viaggio della memoria molto angosciante, soprattutto dopo aver constatato che alcuni luoghi da lui nominati, Torgau in particolare, erano sottocampi e  di  Gross Rosen e  di Flossemburg, che nella storia concentrazionaria nazista hanno tanta morte e distruzione e tanta brutalità e sofferenza
Con mio papà non ho mai parlato di questa mia ricostruzione approssimata ed incompleta perché era già ammalato gravemente, ma ho conservato tutti i suoi pochi documenti ed il lavoro di due mesi di ricerche approfondite in internet
 Per non dimenticare ciò che ha vissuto e subito e dove è stato in tutti quei mesi di inferno concentrazionario passando dalle miniere alle fabbriche belliche fino al lavoro all'aperto altrettanto faticoso e pesante
Mesi duri e massacranti, dove lo aiutò solo un fisico robusto ( dagli 80 chili iniziali arrivò agli  appena 40 del ritorno a casa ) e probabilmente la gioventù e la convinzione ferrea che bisognava opporsi al fascismo ed alla violenza dicendo NO con tutte le forze, anche a costo di rischiare ogni volta la propria vita per la libertà ed un mondo migliore
Ti ricordiamo sempre con affetto, papà ovunque tu sia, e  con la speranza che almeno lì dove sei  ora non ci siano né  l'odio degli uomini  né la sofferenza e l' angoscia di essere schiavi  di un regime assurdo e crudele
Voi siete morti ormai ed i negazionisti imperano ultimamente, ma la storia e la verità restano e noi che abbiamo vissuto a lungo con voi racconteremo sempre ciò che vi è successo e ciò che avete subito

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